Il D.Lgs. n. 81/2008 non fa riferimento ad una struttura standard con addetti e Coordinatore e suo sostituto. È però vero che elaborando il piano di emergenza emerge come esigenza ineludibile quella di individuare un coordinatore.
La nomina di coordinatore delle emergenze può farsi ai sensi dell’art. 18, comma 1, lettera b) art. 43, comma 1, lettera b) del Decreto legislativo n° 81 del 9 aprile 2008 e avviene con la designazione scritta, previa consultazione del Rappresentante dei Lavoratori per la Sicurezza, quale “Lavoratore incaricato all’attuazione delle misure di prevenzione incendi, lotta antincendio e di evacuazione, con compiti di Coordinatore”.
È poi una buona prassi per tutte le aziende adottare una simile organizzazione della squadra d’emergenza, e obbligatoria per le aziende munite di un sistema di gestione della sicurezza sul lavoro (es. 18001 o 45001).
Ad esempio le “ Linee di Indirizzo SGSL-AS – Sistema di Gestione della Salute e Sicurezza sul Lavoro nelle Aziende Sanitarie pubbliche della Regione Lazio” prevedono un sistema così congegnato:
«RUOLI E RESPONSABILITÀ
Direttore Generale
Responsabile della Gestione dell’emergenza
Coordinatore Gestione Sicurezza Antincendio (CGSA)
Direttore Area Tecnica (delegato del DL)
Dirigenti Delegati ed EQ
Dirigenti e Preposti
RSPP
Incaricati per la gestione delle emergenze
Medico Competente
RLS
Si riporta, a titolo esemplificativo delle responsabilità nell’attuazione di un piano di emergenza, alcune indicazioni tratte da una pronuncia della Corte di Cassazione; la sentenza della Cassazione Penale, Sez. 4, 06 giugno 2011, n. 22334 relativa ad un incendio in un hotel e alle responsabilità dell’amministratrice e legale rappresentante della spa proprietaria dell’albergo (B.), dell’amministratore di fatto della società (N.) e della direttrice dell’albergo e capo della squadra di emergenza aziendale (M.).
“Era accaduto che nel corso della notte due giovani donne ospiti dell’hotel inavvertitamente svuotavano nel cestino dei rifiuti un portacenere con alcuni mozziconi accesi, generando fiamme che innescarono l’incendio dell’edificio. Mentre la maggior parte degli ospiti riuscirono a salvarsi attraverso le uscite di sicurezza, un uomo perse la vita nel tentativo di calarsi a terra dal balcone della sua stanza facendo uso di lenzuola annodate; ed altri due persone vennero meno all’interno del bagno nel quale si erano rifugiate. Il fuoco sviluppatosi dalla stanza delle ragazze era stato alimentato dall’apertura delle porte delle stanze e dalle correnti d’aria”.
B., N. e M., condannati in primo e secondo grado, ricorrono tutti in cassazione.
“Il ricorso di N. è fondato. Sono invece privi di pregio quelli di M. direttrice dell’albergo e capo della squadra di emergenza aziendale, e B. amministratrice e legale rappresentante della spa proprietaria dell’albergo.
In particolare si è appurato che la notte in cui accaddero i fatti non era in servizio alcuno dei componenti della squadra di emergenza, bensì solo il portiere ed un facchino. Dunque, il piano di emergenza, seppur predisposto, era stato sostanzialmente disatteso. Ciò ha impedito di fronteggiare adeguatamente e tempestivamente il focolaio di incendio; cosa che avrebbe potuto essere fatta ad esempio attraverso la chiusura della porta della stanza lasciata aperta dalle due ospiti dopo la loro fuga, nonché di quelle delle altre stanze. D’altra parte, sia il portiere che il facchino erano privi delle cognizioni e dell’addestramento posseduti dai componenti della squadra di emergenza: ciò spiega perché da parte di costoro non fu adottata alcuna idonea iniziativa. D’altra parte, la presenza di personale qualificato avrebbe anche consentito dì utilizzare tempestivamente gli strumenti in dotazione dell’albergo cioè gli idranti e gli estintori, tanto più che l’albergo era conforme ai requisiti di sicurezza previsti dalla legge. In altri termini, prosegue la Corte, vi erano tutte le condizioni per neutralizzare l’avvio delle fiamme impedendo così che il fuoco si sviluppasse e coinvolgesse l’intero edificio.
Quanto alla M., direttrice dell’albergo e capo della squadra di emergenza aziendale, la Corte di merito considera che la donna, nella duplice veste di direttrice dell’hotel e di responsabile del coordinamento della squadra di emergenza, avrebbe dovuto assicurare la vigilanza antincendi nell’arco dell’intera giornata mediante la predisposizione dei relativi turni diurni e notturni.
Quanto alla posizione di B., amministratrice e legale rappresentante della spa proprietaria dell’albergo, la Corte d’appello ritiene che, attesa la veste di amministratore e legale rappresentante della società proprietaria dell’albergo, si configura una posizione di garanzia quale datore di lavoro. Le deve essere fatto carico delle omissioni di vigilanza sul rispetto e l’attuazione delle cautele e delle misure previste nel piano di emergenza, compresa l’organizzazione della presenza, suddivisa in turni, di personale inquadrato nella squadra di emergenza.
D’altra parte, la circostanza che presso l’albergo esistesse una figura di dirigente, cui – come si è visto – era demandata la concreta organizzazione del servizio antincendio previsto nell’apposito piano, non esonera per nulla da responsabilità la ricorrente, incombendole pur sempre l’essenziale e non delegabile obbligo di vigilanza. Tale obbligo è da intendersi non nel senso di dover costantemente ingerirsi nell’organizzazione del servizio, quanto piuttosto nell’assicurarsi che esso fosse adeguatamente strutturato ed operativo, anche attraverso l’organica predisposizione di turni di presenza di personale qualificato ed esperto, in grado di far fronte alle emergenze.
Viene infine annullata la sentenza solo con riguardo alla posizione dell’amministratore di fatto, con rinvio ad altra sezione della Corte di appello di Roma, poiché la sua colpevolezza non può essere desunta, secondo la Suprema Corte, dalle condotte messe in atto post factu, in mancanza della prova di una sua ingerenza nella gestione dell’hotel prima dell’incendio”.
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